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CAV. UFF. AGOSTINO D'ERRICO -

da: La Basilicata nel Mondo - 1924-1927

Per il Cav. Uff. Agostino D’Errico, sindaco di Palazzo S. Gervasio, non basterebbe lo spazio per tesserne i meritati elogi, per’ descriverne i veri caratteri. Di antica ed illustre famiglia lucana, ereditò da questa un grande patrimonio di nobili virtù, di sano patriottismo. Educato al retto vivere, entusiasta della vita militare, dedicò a questa la sua forte fibra. Prese parte alla guerra mondiale col grado di capitano di cavalleria, distinguendosi per alto sentire e guadagnandosi diverse decorazioni ed encomi. Congedatosi, quando l’Italia, ritrovato il suo prestigio all’Estero, diminuiva la sua forza all’interno ad opera d’indegni figli, ritornò a riprendere la direzione dei suoi fondi. Erano i tempi della rinunzia e dell’ignavia, i tempi in cui moltitudini di oziosi, briachi di sangue e di odio, assetati di oro, invadevano i terreni, chiedendone la ripartizione, occupavano le fabbriche, pretendendo di partecipare agli utili di esse.
Nacque il movimento del Littorio e la diana della resistenza squillo dalle Alpi al mare. Manipoli di entusiasti, volontari alla morte, sul cui petto brillava l’azzurro del valore, e nelle carni le stigmate del martirio; adolescenti eroici, sul cui viso aleggiava il sorriso ignaro, e nell’ anima la volontà ferrea del sacrificio, percorsero le strade, divorarono le campagne, occuparono le piazze, cantando al sole le canzoni della sfida e della vittoria, e vinsero quella masnada di venduti, che l'oro russo, profuso in ogni dove, nelle tasche della canaglia, assoldava e spingeva all’anarchia; vinsero tutto quel vecchio putridume politico, annidato in quella sentina viziosa che fu Montecitorio, e che aveva governato ingloriosamente per cinquant’anni. Ammoniva il grande taciturno; “ che la speranza giammai si spense negl’italici cuori ,, e noi sperammo, e colla speranza sorse l’aurora di una nuova Era, l'Era Imperiale della millenaria civiltà romana.
Agostino D’Errico, che fu entusiasta di ogni ardire, per ogni nobile fine, non poteva non fremere a quel meraviglioso proclama che il Duce lanciava dalla metropoli lombarda il 23 marzo 1919, e aderì incondizionatamente al movimento fascista, che lo ebbe gregario umile ed eroico, dalla vigilia al trionfo. Il 1922, le forze sane del suo Paese, strette in un granitico blocco, contro la tracotanza dei pavidi e la paura dei vili, si affermarono compatte, eleggendo sindaco il fascistissimo Agostino D’Errico, che, vissuta intera l'epopea fascista, si rivolse a vivere ed attuare i problemi assillanti e secolari del suo popolo. Contro l’apatia dei più, e con innumeri sacrifici, l'11 novembre 1923, riesce ad inaugurare il monumento ai 67 eroici Caduti palazzesi, con una festa, il cui oratore fu l'on. avv. Arduino Severini. Il suo tatto di saggio amministratore, la sua autorità presso le gerarchie provinciali, e la sua vasta conoscenza di uomini e cose, hanno dato a questo Comune, che occupa un posto di prim’ordine nella provincia, la sospirata realizzazione di quelle ciclopiche opere, che, sotto i governi demo-liberalmassonici invano si sperò e attese. Oggi Palazzo ha un edificio scolastico, un grandioso edificio, forse unico nella provincia; ha in paese l’acqua, che scaturisce limpida dalle fontanine, che è valsa a dissetare questo laborioso popolo, evitando dannose malattie, prodotte dalle impure fonti; abbiamo visto finalmente completata la pavimentazione delle strade; la sistemazione della piazza “Crocifisso ,,; la chiesa Madre, che crollò nell’ottobre 1925, per imperizia di tecnici e di lavoranti, è risorta dalle macerie, e, per fermo volere del Sindaco, che è presidente del comitato all’uopo costituito, si avvia verso la completa riedificazione. Il paese, completamente redento dalla sagace opera di Agostino D’Errico, è grato a questo intelligente Amministratore, che nulla trascura per renderlo sempre più bello.
Il Cav. Uff. Agostino D’Errico, che è comandante di una numerosa coorte di milizia volontaria, che occupa infiniti posti di fiducia nella provincia e fuori, si è reso benemerito del suo popolo, che lo ama con cieca devozione. Noi, che, più degli altri, abbiamo vissuto, con lui, la passione eroica della vigilia, ci gloriamo di lui, che porta internerato, per i sentieri della vita, quel glorioso retaggio di onestà e di patriottismo dei suoi illustri antenati, che, giuristi d’ingegno, e mecenati eletti, legarono i loro nomi ad opere, che vivono al culto dei cittadini.

Autore: ERNESTO WERTMIILLER

 

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